Una lettera, dal fronte. Se dovessi parlare di poesia, io userei come esempio queste poche righe: “Deliziosa Speranza, se al cammino mi sostituisce la sosta non arrivo mai. Ma anche se cammino sempre, mi pare di non arrivarci mai alla fine. Mangio un topo o un uccello morto e non lo so. Ti sia caro il ricordo di me come ero. Adesso sono sporco e mancano due dita di piede destro. La famillia mi da ricordo di profumo e qui puzza l’aria. Sento freddo alla notte che tu non ci sei, con i piedi ghiacci che te li dovevo scaldare, ma erano meno ghiacci del freddo questo. Sorrido se ti penso, ma non penso sempre a tte, che cammino e sto piu pronto per sparare. Tu sei Speranza mia, di nessuno altro debbi essere anche se io non torno ppiu. No. Se non torno sposati a unaltro. Buono che sia marraccomando. Ma io torno, finiscerà questa guerra e io torno da te e seppello il fucile in terra e prendo la zappa e la vigna del vino che mi piaceva. Saluti Speranza mia, tiene il foglio stretto a letto se te puole scaldare”