“Al gioco del trono o si vince o si muore.” Sappiamo che è così, fin dall’inizio abbiamo sentito che è davvero così.
Non potevo rinunciare. Sulla punta della mia penna, da troppo tempo, erano ferme e pronte per essere scritte parole, tante parole, che però proverò a ridurre, perché dicano il succo, il concentrato di tanti anni di Gioco del Trono.
Non parlerò delle vicende, non parlerò dei libri, della serie, degli inizi, della fine, di un episodio o di un capitolo. Ne parlano molto meglio di me in tanti. Io voglio solo dire cosa ho provato e pensato immergendomi in questo mondo tutto inventato, e tremendamente vero. Ci sono cose che non crediamo possano appassionarci, poi ci ritroviamo invischiati, all’improvviso, quasi per magia, in una passione incontenibile, seria, profonda e bruciante. Per me è accaduto così con Game of Thrones. Niente di più distante dal mio gusto, dalle mie letture, dalle mie abitudini. Un passo alla volta, lentamente, con il ritmo di chi non vuole avere fretta perché sa che nella fretta tutto si consuma e poco resta.
Ho conosciuto, o almeno cercato di conoscere personaggi, luoghi, situazioni, guardandole quasi come uno scienziato al microscopio cerca di scoprire qualcosa in più di quel che già pensa di conoscere. Ho perso ore di sonno e guadagnato tasselli di storia, di questa grande, lunga, imprevedibile storia. Il Trono di Spade è diventato specchio, voce di cose nascoste, riflesso di bassezze e altezze, di viaggi non solo per terra o per mare. Ho esplorato un mondo, l’ho conquistato, l’ho perduto.
Questo fanno le grandi storie: ti mettono al centro, ne diventi parte, anche e soprattutto quando parlano di cose lontane, mai accadute, completamente inventate eppure ispirate a cose che accadono. Brutte, orribili, come la guerra, come il gioco di potere, come la carestia, il freddo gelido di inverni che sembrano destinati a non finire mai.
Le grandi storie mescolano odio e amore, limpidezza e foschia, ghiaccio e fuoco, gli opposti di ogni cosa di cui la vita si compone.
Sono le grandi storie che ci legano all’infinito, che ci suggeriscono un’idea di eternità, incastonandola tra vizi e virtù, tra nobiltà e miserie, tra rassegnazioni e slanci.
L’eternità si srotola e noi la vediamo aprirsi in un’orizzonte indeciso, dove tutto è già scritto, dove tutto resta ancora da scrivere.
Le grandi storie seminano e raccolgono. Le grandi storie ci abitano, ci fanno respirare più profondamente, ci tolgono il respiro.
Le grandi storie le ritroviamo all’improvviso in certe pieghe che fanno i giorni, in ombre e luci che giocano su un muro, nelle notti insonni, nelle paure e nel coraggio che ci stanno dentro.
E GoT è davvero una grande e potente storia, così potente e vera che molti la amano e molti la odiano, molti non riescono a capirla, molti la criticano, molti dicono che l’avrebbero scritta meglio, molti ci resteranno attaccati nel tempo, molti se ne innamoreranno tra dieci, venti anni, sempre.
Permettetemi una dichiarazione d’amore, un modo di dire una cosa a cui tengo, anche se non riuscirò bene. Se salterete oltre questa foto capirete…
“Quando arriverò all’ultima puntata di Got, ne sentirò la mancanza.” Questo sentivo, questo è vero ora.
E in un moto di nostalgia anticipata, ieri ho alzato gli occhi verso il cielo. Saranno le torri, il grigio, la pioggia, il freddo, la nebbia che si intravedeva più in alto, ma ho sentito di vivere in un posto che mi ricorda Grande Inverno, la capitale del Nord. In Game of Thrones è al centro della provincia settentrionale dei Sette Regni, lungo la Strada del Re che va da Capo Tempesta alla Barriera. È situato all’estremità orientale della Foresta del Lupo, a nord del ramo occidentale del Coltello Bianco e di Castel Cerwyn. Grande Inverno si trova a sud delle montagne del nord e a sud-est rispetto a Lago Lungo.
Troppe assonanze, troppe somiglianze con questa città di pietra in cui vivo, con la mia città di pietra.
Ho divorato i libri, ho atteso gli episodi delle serie, l’ho già detto, era il 2011, sono passati anni per arrivare a questo punto, al sovrapporsi di immagini reali e di pura fantasia.
“Ciò che è morto non muoia mai” è pura fantasia,
“ma risorga più duro e più forte“.
Come è stato facile riconoscersi in questa fantasia.
Mi mancherà tutto, ma si può sempre ricominciare, perché le grandi storie cominciano e non finiscono mai.